ECCO UNA NUOVA RIFLESSIONE DEL PARROCO PER MEDITARE SUL VANGELO DELLA IV DOMENICA DI QUARESIMA
Anche noi come l’uomo del vangelo di oggi siamo nati ciechi.
Sì, siamo nati ciechi.
Fin dalla nascita abbiamo respirato questa cultura, inizialmente inodore e incolore, che progressivamente è diventata sempre più individualista fino a diventare uno specchio che ci mostra solo noi stessi e nessun altro. La difficoltà è che, non vedendo l’altro, non riusciamo più a percepire noi stessi.
Questo virus ci costringe a sentire una forte nostalgia dell’altro, della comunità. Ci mostra che siamo tutti interconnessi, si vive o si muore insieme. Da isolati, come siamo costretti ad essere ora, sentiamo prepotente uno dei bisogni primordiali dell’essere umano: l’appartenenza. Io non esisto semplicemente. Di chi sono? A chi appartengo?
Il fango che usa Gesù per liberare l’uomo dalla cecità è segno di una nuova creazione, è segno che siamo fango, è segno dell’accettazione umile del lasciarsi liberare.
La frenesia nevrotica del nostro modo di vivere ci ha condotto a dare per scontate le relazioni con gli altri, tanto ci sono, sono sempre li. Ora vediamo che non è così. Non siamo fatti per stare da soli. Mi auguro che questo tempo, una volta passato, non cada nel dimenticatoio e ci guidi ad uno stile di vita più semplice, meno egoista, più solidale. Queste cose non sono magiche, crescono attraverso un clima di ascolto che fa da concime e le fa fiorire. Tempo fa una ragazza adolescente diceva che a tavola a casa sua, durante i pranzi, l’unico rumore che si sentiva erano le forchette nei piatti! L’individualismo ci ha anestetizzato l’anima.
Signore risveglia in noi la comunicazione profonda, fa che le cose da fare non abbiano il sopravvento sui cuori che desiderano essere ascoltati; solo quando le persone saranno al centro del nostro cuore si potrà dire che il “virus” è battuto.
Dobbiamo riscegliere la comunità e non subirla, è un bene preziosissimo che questo silenzio ci ricorda. Non dimentichiamolo!
Credo e spero che questo lungo periodo ci lasci il segno, si imprima nel nostro cuore e nella nostra anima, ma ho anche il timore che quando tutto potrà ricominciare ci si dimentichi l’insegnamento che questa esperienza dolorosa e isolante ci mostra. Non siamo così forti e potenti come pensavamo, siamo fragili e questa fragilità deve diventare la nostra forza. Mettendo in comune le nostre fragilità diventeremo forti. Questa esperienza ci sta dimostrando che da solo nessuno è capace di stare in piedi, abbiamo bisogno gli uni degli altri.
Un bellissimo racconto brasiliano diceva che un padre mandò nella foresta i suoi 4 figli a prendere ciascuno un bastone e portarglielo. Davanti a loro spezza uno a uno i bastoni. Poi li rimanda a prenderne altri quattro. Quando tornano con i quattro bastoni li prende tutti insieme, li lega facendone una fascina. Prova a spezzarli, ma non riesce.
E gli dice : “Questa è la vostra eredità”!